Estetica, Anestetica
Aghi di pino,
fotografie,
ossi di seppia,
strade appassite,
alberi visti dal basso.
Di caldo si muore,
di domenica si muore,
d’amore si muore.
Aghi di pino,
fotografie,
ossi di seppia,
strade appassite,
alberi visti dal basso.
Di caldo si muore,
di domenica si muore,
d’amore si muore.
E fu il vuoto.
E fu il nulla.
E fu il pianto.
E il pianto alzò da sé lo sguardo,
e quando urlò, finalmente
il Grido esplose nel buio.
E fu luce.
E fu un altro.
E l’Altro ama,
ancora.
Ha bruciato le foreste,
soffocando respiri di vita,
anziana, ma fresca.
Ha colorato di chimica
la brina del mattino.
Ha contaminato di morte
l’acqua cristallina del mare.
Eravamo al parco e
ci ha scortato in un centro commerciale.
Perché non ci poteva controllare.
Ci ha sedato con una scossa elettrica
mentre nuotavamo
– felici.
Ci ha sparato ferendoci a un’ala
mentre volavamo
– felici.
Ci ha tolto un dono
che ci faceva
– felici.
Ma lo abbiamo già fermato
perché non può venderci
– la Felicità.
Ho preso un po’ del
mio tempo preconfezionato
per sdraiarmi fuori
e la mia mente lasciar
volare
Oltre a ciò che voi vedete
oltre a ciò che voi sentite.
Ho sentito un fringuello chiamare
rabbie millenarie.
Ho sentito la città
esplodere.
Ho visto l’azzurro
distruggere i vetri
e ricordarmi
l’infinito.
Ho sentito l’anidride carbonica
soffiata lontano dal vento
del sud.
Chiudo gli occhi,
un’immagine,
ma senza uno sguardo
torno tra
le mie mani.
E rientro.
Penso che
qualcuno abbia sbagliato i conti
penso che
abbiamo parlato di tutto,
ma non abbiamo parlato di niente
penso di
aver perso il punto della questione
La questione
Perché la pensiamo tutti in modo diverso,
ma amiamo tutti allo stesso identico modo.
E soffriamo,
perché siamo vivi,
perché ci siamo.
E gli aerei intrecciano le scie
Ciao,
au revoir.
Vi propongo oggi delle foto scattate girando per il quartiere, è bello notare alcuni piccoli dettagli di bella natura in un contesto che sembra soffocarla, la città. “Buona visione”! 😉
Mi alzo alle 6:31, non so se quell’uno è lì per portarmi fortuna o perché sfoga il mio ipotetico e insano disadattamento sociale represso, comunque la mattina mi piomba nelle orecchie con un fottutissimo “bip-bip” crescente. Prendo con una manata i vestiti sulla sedia e via nel bagno. Mi siedo per terra, mi vesto e mi lavo con una lentezza da vecchio. Ogni tanto riemergo dal torpore e alzo gli occhi all’orologio, minchia sono già le sette! Scatto giù dalle scale con i capelli spettinati e mi scaldo il latte finché non è a temperatura ambiente. Ci sbatto dentro del caffé qualche cereale, oppure biscotti della mulino bianco confezionati in tenere confezioni che mi ricordano che faccio colazione da solo e non allegramente con la mia famigliola carina carina. Nel frattempo che mastico l’ultimo boccone mi sto già allacciando le scarpe, pettinando i capelli con la mano e lavandomi i denti: comunque non riesco ad arrivare puntuale fuori casa dove mi aspettano il Bounty e il suo scazzo mattutino. Prendo qualche pullman e comincio a svegliarmi: 8, 10, funicolare in alternanza a 8, 1, eccetera. Gli alberi sfrecciano fuori dai finestrini, Città Alta è impaziente. Il Sarpi respira, ormai affannatamente, ma respira. Il tempo passa, fuori dall’aula gli alberi s’ingialliscono, la luce è più fioca, mi perdo e mi ricerco frettolosamente in ore da cinquantasette minuti. Qualcuno finanzia le macchinette, qualcuno si annega nel tè o nella piscina del seminario, la lavagna sniffa gesso e ormai è dipendente. I turisti vanno in terrazza, tutto è maledettamente confuso. Ma ecco: fuori dalla finestra il panorama, la pianura padana si sveglia piano piano, Bergamo sta già lavorando in qualche cantiere, il sole è lontano, ma più vicino che mai. Sento il rumore delle foglie che cadono, sento i discorsi dei poveri, sento che sono vivo, in ore da 57 minuti.
Estate. Sole. Caldo. Parole singole e poi un punto per sentirsi più fighi. Dopo una giornata di CRE, che è dura da definire “giornata” in quanto risulta più come una “stupenda tortura”, passata a rincorre bambini urlanti molto più forti di me, sono chiuso nella mia tana, illuminato dal monitor a scrivere sulla mia tastierina dei Cinesi sette euro e via. Dire che sono distrutto è veramente dire poco. Ho raggiunto quello stato di stanchezza nel quale (per fortuna) il corpo regge ancora, anche se ogni movimento provoca un dolorino nervoso, ma la stanchezza psicologica è tale da non riuscire ad avere rapporti umani superiori al saluto. Mi riduco a un’assonnata osservazione delle cose quotidiane, a maledire facebook per aver censurato il mio sito dichiarando ogni link ad esso “offensivo”, ad aspettare l’imminente arrivo del “regno animale” e sbattere la testa contro la scontentezza di fondo che abbiamo tutti. Così, vi lascio,o lettori immaginari.
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