Un Luogo Comune

per non dare nulla per scontato

09 ottobre
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Ore da 57 minuti.

Mi alzo alle 6:31, non so se quell’uno è lì per portarmi fortuna o perché sfoga il mio ipotetico e insano disadattamento sociale represso, comunque la mattina mi piomba nelle orecchie con un fottutissimo “bip-bip” crescente. Prendo con una manata i vestiti sulla sedia e via nel bagno. Mi siedo per terra, mi vesto e mi lavo con una lentezza da vecchio. Ogni tanto riemergo dal torpore e alzo gli occhi all’orologio, minchia sono già le sette! Scatto giù dalle scale con i capelli spettinati e mi scaldo il latte finché non è a temperatura ambiente. Ci sbatto dentro del caffé qualche cereale, oppure biscotti della mulino bianco confezionati in tenere confezioni che mi ricordano che faccio colazione da solo e non allegramente con la mia famigliola carina carina. Nel frattempo che mastico l’ultimo boccone mi sto già allacciando le scarpe, pettinando i capelli con la mano  e lavandomi i denti: comunque non riesco ad arrivare puntuale fuori casa dove mi aspettano il Bounty e il suo scazzo mattutino. Prendo qualche pullman e comincio a svegliarmi: 8, 10, funicolare in alternanza a 8, 1, eccetera. Gli alberi sfrecciano fuori dai finestrini, Città Alta è impaziente. Il Sarpi respira, ormai affannatamente, ma respira. Il tempo passa, fuori dall’aula gli alberi s’ingialliscono, la luce è più fioca, mi perdo e mi ricerco frettolosamente in ore da cinquantasette minuti. Qualcuno finanzia le macchinette, qualcuno si annega nel tè o nella piscina del seminario, la lavagna sniffa gesso e ormai è dipendente. I turisti vanno in terrazza, tutto è maledettamente confuso. Ma ecco: fuori dalla finestra il panorama, la pianura padana si sveglia piano piano, Bergamo sta già lavorando in qualche cantiere, il sole è lontano, ma più vicino che mai. Sento il rumore delle foglie che cadono, sento i discorsi dei poveri, sento che sono vivo, in ore da 57 minuti.

 
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