Un Luogo Comune

per non dare nulla per scontato

Archive for the 'Video' Category

03 giugno
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Obiettivo Alluminio.

Un mio amico, uno di quelli che non passa mezza giornata senza avere un’ideona di quelle che guarda esce una figata pazzesca, ha ben deciso di partecipare ad Obiettivo Alluminio 2013, un simpatico concorso indetto dal Consorzio CIAL (Consorzio Nazionale per il Riciclo dell’Alluminio), che lo farebbe andare dritto al Giffoni Film Festival.

Non ho ben capito né come, né perché, ma mi sono ritrovato a partecipare – più o meno – a questa ideona.

UnLuogoComune è quello con la chitarra che canta male e si trova magicamente in varie situazioni inutili.

 

 

A questo video ha lavorato tanta gente simpatica:

L’idea e la regia sono di Lorenzo Arrigoni.

La chitarra, in verità, non è stata affidata alle mie prodezze, ma al buon Marco De Lucia (il chitarrino ascellare degli ABWNN)

La fantascienza è ad opera del buon Michele “Mike” Rota, prestatore di case e grandi quantitativi di carta d’alluminio. (Che ovviamente abbiamo riciclato)

E poi c’è Paolo Bontempo, il belloccio che guida la bici e che si è scolato la birra per la causa. Ve lo ricorderete (?) per robe come questa, oppure questa.

 

Adesso però aiutateci. Andate a questo link facebook e piaceteci, ci aiuterete a vincere. Grazie mille!

30 gennaio
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La Jetée

Niente, nonostante la mia scarsa cultura cinematografica, da quando ho visto questo film d’essai me ne sono innamorato. Si tratta di un cortometraggio di Chris Marker del 1962 e si chiama La Jetée. Qui sotto lo streaming in lingua originale con sottotitoli (mancano inspiegabilmente dei tratti di testo, che si possono intuire).

Il film è interamente composto da scatti fermi (tutti dal grande valore artistico, a mio parere) e parla di tempo, quindi di vita, di morte e di senso. Senso nel senso di domande: Di che attimi è fatta l’esistenza? Qual è la loro essenza? Che tutto sia un’illusione? Perdonatemi questo piccolo sproloquio e buona visione!

14 novembre
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Pubblicità che ti cambiano la vita

Interrompiamo le trasmissioni pseudo-poetiche da cameretta per un breve intermezzo pubblicitario.

Non so se qualcuno ha visto girare in televisione questo gioiellino della produzione televisiva universale, questa perla degli spot, questo punto di non ritorno che ci coglie impreparati nella nostra vita quotidiana… ebbene sì, parliamo della pubblicità del Polident!

Visto che le parole non sanno definire un così azzeccata espressione della cultura umana, vi posto il video. “Ma lasciamo perdere le chiacchiere, ma godetevi lo spettacolo.” (citazione del sommo Adriano Panatta)

Bene. L’avete visto e il vostro animo si sente già rinfrancato per l’incredibile novità arrecata alla vostra esistenza di tutti i giorni, ma analizziamo insieme i motivi che fanno della pubblicità del Polident qualcosa di assolutamente assoluto.

  • Una commovente Liana Pederzani. È in lei che sta tutta l’essenza di questa opera. Tralasciando l’indiscussa ed  invidiatissima bellezza meramente estetica di questo personaggio, guardiamone gli sguardi, le movenze, l’incantevole voce! Insomma, non c’è da stupirsi dello sguardo ammaliato dell’uomo dalla bicicletta rossa.  
  • La trama. Ti lascia mozzafiato. Inizia tutto con la piacevole conoscenza di Liana, che come si presenta ci dice che ha la dentiera e usa Polident. Non abbiamo smesso d’innamorarci di questa sorprendente postina, che comincia a raccontarci del suo disagio nell’affrontare il cibo dai pezzi piccoli. Sotto la sua drammatica espressione, il punto più toccante dell’opera. Grazie al cielo il tutto si conclude con la comparsa miracolosa di una salvifica Maria Gaggiani, esperta Polident – Secondo le fonti ha realmente conseguito un master in “Polident” ad Oxford – che ci permette di rivedere libera, serena e rinnovata Liana Pederzani. 
  • La sceneggiatura. Decisamente la ciliegina sulla torta di tutto il complesso. Analizziamo i sapienti dialoghi.

LIANA: Sono Liana, ho la dentiera e uso Polident. [Presentazione ad effetto, andiamo subito al sodo, non c’importa cosa fai, lo capiremo dopo dal giubbotto catarifrangente indossato a caso in pieno giorno, a noi c’importa della dentiera] La gente quando mi vede mi riconosce [sfido io, è proprio un bel bocconcino!] e mi chiede anche perché sanno che io il prodotto lo uso. [Incredibile la forte presa di posizione in contrasto con la società. Non solo se ne sbatte delle concordanze tra verbi, ma non ha peli sulla lingua e tutta la città sa che lei usa IL prodotto.] Prima, avendo anche la dentiera ben salda, qualche pezzettino di cibo passava lo stesso. [che dramma, che pathos!]

MARIA: Con Polident Free basta una piccola quantità [di che cosa è sottinteso, ma chissene frega] per aiutare a prevenire le infiltrazioni di cibo. [Incredibile il parallelismo con frasi di organizzazioni no profit tipo: Con Unicef, basta una piccola rinuncia quotidiana, per aiutare a prevenire la diffusione della malaria in centrafrica. Loro ci tengono alla tua dentiera!]

[Ma il bello, il senso, il logos di tutto quanto arriva solo ora]

LIANA: Adesso con Polident davanti ad una bella fetta di lampone, me ne mangio due fette. [Non sto a dilungarmi su inutili elogi a questa frase più che geniale]

SPEAKER: Polident, libertà di parlare, mangiare e sorridere.

LIANA: Ah io glielo dirò [ci sono varie interpretazioni, aglio io glielo dirò, ah io lo dirò…] che Free vuol dire “Libero”. [Enigmatico riferimento a una terza persona, certamente è un’espressione visionaria che noi non possiamo comprendere]

Insomma: opere come questa non passano inosservate, ma entrano profondamente e decisamente nelle nostra quotidianità. Ci lasciano diversi, consapevoli, maturi, nuovi. Sono pubblicità che ti cambiano la vita.

Nonostante ciò alcuni misteri restano irrisolti: con chi ha parlato Liana per tutto il tempo? E soprattutto… Che diavolo è Polident di preciso?

 

11 giugno
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Molto Forte Incredibilmente Vicino: Ecco perché fa cagare

Settimana scorsa sono andato al cinema per vedere  Molto Forte Incredibilmente Vicino di Stephen Daldry.

Non l’avessi mai fatto. Ecco i motivi per cui lo sconsiglio violentemente a tutti.

1. Piagnistei: Stimando delle cifre alla fallus canis direi che per il 60 % del film c’è gente che piange o che è sul punto di farlo. Per il resto del tempo è il pubblico sul punto di piangere. Insomma, se volevo piangere come un fallito stavo a casa a leggermi la pagina dei morti su L’Eco di Bergamo. Non puoi fare un film basandolo sui piagnistei! Ma il peggio sono le conseguenze: Lo spettatore ne esce impassabile. Appena uscito dalla sala avrei potuto vedere un gattino ucciso da una gang di randagi e non avrei versato lacrima. Non ne potevo veramente più. Inoltre non è per nulla lodabile il pietismo e opportunismo che gira intorno le vicende dell’11 settembre.

2. La trama: Ok. L’idea era bella. Un bambino con un buon numero di complessi psichiatrici perde il padre l’11 settembre del 2001, l’anno dopo trova una chiave tra le cose di papà e passa un sacco di tempo per capire che cosa aprisse. Non è il massimo, ma fico. Il problema sta nel fatto che questa trama è sviluppata nel peggiore dei modi. Poche le scene di ricerca, che tengono il pubblico in attesa del risultato e tante le scene di problemi psicologici familiari, per i quali rimando al punto uno.

Guardare il trailer per capire cosa hanno rovinato.

3. Il protagonista: Il ragazzino in questione è evidentemente disagiato socialmente e scioccato psicologicamente. Inoltre di sua natura ha un tot di sindromi psichiatriche che accompagnano la sua genialità intuitiva. Un personaggio del genere è difficile da rendere, sia come regia che recitazione, ma Thomsa Horn recita proprio male! Povero, magari è stata solo la noia pazzesca a portarmi a notare ogni errore e incapacità recitativa, ma solo il fatto che un personaggio così complicato annoi lo spettatore dovrebbe essere indicativo. Inoltre dopo un po’ il pubblico è inesorabilmente condotto a una sorta di odio nei confronti di questo ragazzino complessato. Ma queste sono scelte. (e se non è così voglio convincermene).

4. Il senso: Quando hai finalmente concluso 129 interminabili minuti di film ti dici: “Bene. Ora?”. Il film è pieno di dettagli no-sense (o comunque mooolto ermetici) e il senso complessivo è nascosto dietro una coltre di casino esistenziale (e di lacrime, se non si fosse capito). Praticamente la ricerca della vita è interminabile e le ingiustizie hanno un senso che se non capisci allora soffri. Al che sorge spontanea una profonda, vera e densa riflessione: “Ma ci voleva tutta questa montagna di merda per farcelo capire?!?” Bah. Continuo tuttora a chiedermi perché diavolo abbiano girato un film così pietoso. Ecco, giudizio complessivo e totalizzante del tutto: Pietoso.

Ed ecco i due dettagli fichi che hanno provocato una reazione diversa dalla noia in me durante la visione.

1. Asperger: Fino ad oggi ne avevo sentito parlare solo nell’omonima canzone dei Cani, ma in questo film il ragazzino dice “Mio padre mi ha fatto fare dei test per la sindorme di Asperger”. Sorrisone d’intesa.

2. Le parolacce: Che il bambino sia strano l’abbiamo capito. Che il padre gli abbia dato un’educazione particolare l’abbiamo capito, ma perché deve celare le parolacce dietro a divertentissimi giochi di parole, che, nella valle di lacrime sopra descritta fanno sganasciare? Esempi? “Vaffantubo!”; “Pizzo di sottana!”.Spero non si tratti di scherzoni dei traduttori per rendere il tutto leggermente più simpatico.

 

In conclusione: non andate a vederlo. Non fatelo.

 

 

03 marzo
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Cin cin

Rockit ha di recente pubblicato una versione tratta da un demo del 2001 fin’ora inedita di Cin Cin dei Baustelle, brano d’apertura de La Moda Del Lento, 2003.

Colgo l’occasione per condividerla con voi, perché questo arrangiamento voce, pianoforte e tanta malinconia mi piace quasi più della versione uscita solo due anni dopo. A questo scopo l’ho pubblicata su YouTube, con una rassegna delle mie solite foto che hanno rotto un po’ la minchia.

 

Un futuro non c’è
Ma vedrai
Ci sarà
Cambierà
Rideremo anche noi
Io e te
Del futuro che c’è
In questi occhi che hai
Nel coraggio che ancora non ho
Ma sento dentro
Che un amore
Lo invento

08 ottobre
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Osservando la Manifestazione Studentesca in Prima Persona

Oggi, pur ritenendomi parzialmente contrario ai metodi del Movimento Studensco, ho partecipato alla manifestazione organizzata nella mia città (come in tante altre) Bergamo. Così io l’ho vista.

Immagini [clicca il link] –> Album Foto

Video:


















02 ottobre
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Spaghetti Western – Che Fine Faremo?

Posto un video creato da me, sulle note di spaghetti Western la Ghost Track dell’album Amen, Baustelle. Una canzone che parla dell’italia, della nostra condizione, paragonandoci a un film Western all’Italiana. Il video vuole far nascere la domanda: “che ne sarà di noi? Che fine faremo?”

Buon ascolto e buona visione 🙂


01 aprile
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Una canzone fatta interamente con iPhone e iPod touch

Guardare per credere..