Un Luogo Comune

per non dare nulla per scontato

Archive for marzo, 2013

31 marzo
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Pioveva a Primavera

Ehi! Buona serata. Giusto per rovinarvi un po’ la giornata pubblico qui la mia ultima composizione musicale. Una riflessione bagnaticcia sulle cose che finiscono sotto la pioggia. (Aaargh! Fatelo  stare zitto!)

Ovviamente la qualità audio è tra le peggiori immaginabili, le mie abilità chitarristiche e la mia voce non sono da meno. Insomma vi ho proprio tolto ogni motivo per cui dovreste ascoltarla.

Piove così e le cose finiscono
ed è primavera ormai già da un po’.
Piove, ti dico, che il cielo è nuvolo:
questo è tutto quello che so.
Perché
piangono gli alberi
e chiedono miracoli che
non avverranno mai,
non per noi.

“Perché” – ti ripeto – “le cose finiscono?”
e ti disegno fantasmi per aria
tu mi ricordi che dietro c’è il sole
e la vita è bella perché è varia,
ma io
imploro una pausa
ed ho quella nausea che
annoia sempre te,
ma cosa è
che supera il tempo
e da senso al momento?

Tu me ne parli sempre
ed io non so cosa è,
né perché,
sono qui a guardar la pioggia
scorrere su di me.
“Ma perché?”

Piove da un pezzo e si è fatto buio,
io devo esistere e tu non sei qui.
Fuori le gocce si stringono e cadono
ed io capisco che sono così.
Perché
sarò concime
dopo la fine, ma tu
mi stringi forte sai
che è per noi.

Piove così e le cose finiscono
ed io non posso capire perché,
ma son sicuro che, se esistono,
un senso c’è, me l’hai detto te.
Così
crescono gli alberi
e sono dei miracoli che
non ho creato io.

DSCN9517

31 marzo
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Ogni anno

A cosa pensavate,

con lo sguardo chino a terra,

quando quegli uomini

vi hanno guardato?

 

Cosa vi spaventava

quel giorno?

Fragili ragazze

con le guance scure,

gli occhi nascosti

ed un sorriso inquieto:

siete come me.

 

Succede ogni anno,

ogni santissimo anno

il vostro caro amore

ci rialza lo sguardo.

 

22 marzo
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19.72 (di Paolo Bontempo)

Sconosciuto che vaghi,

fra i campi d’Olimpia,

coi calzoni alzati,

e il volto crucciato,

tu sei già arrivato,

mentre io mi affanno,

per arrivare primo.

 

21 marzo
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La sera del ventuno

Tu sei lontana.

Gli alberi indaffarati si guardano attorno,

un bimbo in calzoncini fischia lungo la via

di dieci anni fa.

È poco una sola finestra

per guardare oltre.

Tu sei  lontana.

 

Una vecchia canzone stringe la sera

ieri era notte, oggi sorrido:

primavera è chiedersi,

ascoltarsi passare, senza fiatare,

senza che il vento smuova i rami.

 

Tu sei lontana

e c’è già la luna.

 

05 marzo
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AAA: Articolo tanto per (di Paolo Bontempo)

Pubblico un articolo in cui l’amico Paolo da il meglio di sé in quanto a forma e stile.

Questo è un articolo tanto per. Questo è un articolo universale, nel senso che non lo è. Il fatto è che ogni tanto ci convinciamo del fatto che tutto debba avere senso, anzi non è vero sto generalizzando ma se non si universalizza si muore causa un empirismo espresso con una sorta di rigore materialista nel tentativo di nascondere un idealismo soggettivo che non permetterebbe uno sviluppo normalizzato del programma, quindi della vita, cioè dell’oggetto.

Se avete cercato un senso a questa frase avendo fiducia nella mia retorica rimarrete delusi da questo “rimarrete delusi”. Volevo solo dimostrare di non volere dimostrare praticamente nulla. È abbastanza inutile indurre a dedurre senza una razionalizzazione Deodatiana delll’affermazione. Voi state pensando oooo quale sfoggio di cultura, chissà quale grande filosofo doveva essere questo Deodato, in realtà ririmarrete delusi dal fatto che Deodato è un regista.

Il cannibalismo non è un male se i soggetti in questione sono erbivori, il problema insorge al sorgere di una domanda che potrebbe far crollare ogni qualsivoglia incertezza in campo medico astronomico austroungarico. Il credere vero e rinomato il proprio lavoro estraendo l’orrido dall’orribile è un egoismo bello e buono se intrinseco fuori dal personaggio interpretato.

Se esponessimo una questione dalla fine non ne verremo più a capo, e gli dei dei Deidi, nota popolazione inventata, credo che si adirerebbero per l’aridità e la siccità delle loro scarne parole. Vuoi mettere una seduta spiritica con un alzata di ingegno per rendere più risibile il mondo deapud ossia depresso. Se al giuoco dell’oca giocassero due papere si creerebbe un paradosso di dimensioni paradossali se paragonati a un topino da biblioteca, poiché la Tiraboschi non è che attira foreste.

Avete perso tempo a leggere tutto questo, non c’è uno scopo, non c’è un intento, è un passatempo, è un passatempo. Ed è pure bello, ed è pure bello.

01 marzo
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Non c’è tempo

Mamma c’è Beppe Grillo che ci chiede di votare sul web che noi vogliamo ribaltare tutto. C’è il pierre del Setai che ci invita con amicizia ed accento milanese a passare una serata di sboccio. C’è Matteo Renzi che ci dice che è importante l’istruzione e poi bisogna digitalizzare l’Italia e tutto il resto. C’è la barra della pubblicità di facebook che ci propone di giocare e vincere. C’è il professore che ci dice che se continuiamo così non avremo neanche da mangiare, con i tempi che corrono. C’è il presidente che continua a ripeterci che sì, siamo i migliori. C’è l’amico filosofo sessantottino che sotto il cappello ci ripete che dobbiamo fregarcene di quello che ci dicono i vecchi. C’è nonna che torna dalla spesa. C’è l’intellettuale che ci urla: “non vendetevi al mercato, spogliatevi!”. Ci sono i negozi di lingerie intime che esultano di gioia. C’è un ragazzo morto al parco. C’è una cassiera, che poi è un laureato, che poi è un avvocato, che poi è precario,  che poi sono una miriade di studenti. C’è babbo che sa che sarebbe meglio andare a lavorare. Ci sono i videopoker che prima o poi vincerò. C’è un sacerdote che contestualizza l’etica laica. C’è una ragazza che ci fa una foto con Instagram. C’è un allenatore che ci urla che siamo delle checche. C’è un medico che ci spiega come si usa il preservativo, che l’unica è prevenire. C’è un giornalista che ci twitta che tocca a noi cambiare il mondo; ma la verità è che passeremo il pomeriggio sul divano, scomodi.

 

C’è un uomo, un uomo in fondo alla via, che passeggia tra le pozzanghere sotto il lampione e aspetta.