“È nell’indifferenza che un uomo, un uomo vero, muore davvero” grida una canzone del gruppo Underground contemporaneo Il Teatro Degli Orrori, ponendoci davanti ad una parola sola e attribuendole un significato enorme, addirittura potere di vita o di morte nei confronti degli esseri umani. Ma cos’è l’indifferenza? Enciclopedicamente si potrebbe rispondere dicendo che Indifferente è chi non ha una reazione davanti a fatti, persone o avvenimenti e questa risposta, questo dato di fatto, per quanto possa apparire banale è veramente qualcosa di terribile.
Non avere una reazione non vuol dire soltanto non prendere posizione, ma rimanere vuoto, senza una parte di sé stessi: il sentimento. Senza quella domanda, quel desiderio che nasce spontaneo, per natura, all’interno di noi quando un qualsiasi fattore esterno entra nella nostra quotidianità, diventiamo dei miserabili e deprimenti vecchi cinici, diventiamo l’esatto opposto del tipo di persone che la nostra natura di uomini, e in particolar modo di giovani, ci porta ad essere.
Sembra qualcosa di lontano, qualcosa che non ci riguarda, ma l’indifferenza è sempre più viva in mezzo a noi; essa ci è imposta dalla società egocentrica, secolarizzata e perversa che abbiamo generato, la quale tende a soffocare il desiderio, l’inquietudine (basta pensare a come il nostro “benessere” sia ormai a livelli così alti); stanno nascendo generazioni attente a questioni assolutamente vane, vuote.
Non voglio fare il moralista, ma far notare come diminuiscano i giovani interessati di attualità e cultura e, piano piano, aumentino i menefreghisti, gli indifferenti appunto, che si accontentano di marchi, immagine e denaro. Fortunatamente la nostra scuola è forse una delle “culle” in cui tentiamo di mantenere un certo modo di porsi davanti alla realtà, anche se, nonostante ciò, non siamo immuni al mondo in cui viviamo, basta pensare che Cassandra è sempre meno seguito (eccezion fatta per Ipse Dixit e Terza Pagina).
Per questo l’Indifferenza non è soltanto un problema sociale che riguarda la politica e l’arte, ma una drammatica situazione umana: anche individualmente siamo troppo più spesso indifferenti, davanti all’affetto, davanti alla bellezza, davanti ai rapporti con le persone, abbiamo perso la capacità di renderci conto di molte cose, di esaminare la realtà e noi stessi, direi con linguaggio religioso, la capacità di “pregare”.
Dunque, ragazzi, propongo di non lasciarci sconfiggere, di prendere in mano noi stessi e gli altri, magari meno attenti, e mantenere viva la domanda, il desiderio, l’attesa, l’inquietudine e la propensione all’Infinito. Viviamo! Viviamo con gli occhi spalancati, vigili, non dobbiamo accontentarci, non basta! Non ci deve bastare!
Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
che è una stoltezza dirselo.
(Eugenio Montale, Prima del viaggio)