Un Luogo Comune

per non dare nulla per scontato

22 novembre
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Purification glitch

ora tu
che cosa stai facendo,
in che punto del mondo in
che vento respiri i più piccoli fiati
quando apri la finestra domattina
(che sia già domattina da te?)
in che grande discorso convola
l’aria piena di tue particelle,
nel senso:
come se il tuo organismo avesse
un elementare programma
per editare i dati di salvataggio,
gli elementi dell’ossigeno,
una piccola interfaccia
grafica user friendly
per scomporre e comporre così
che le particelle di fuori non
sono proprio tue, ma c’è
di mezzo il tuo edit,
insomma in quale città
domani farai un upload di anidride?
mi sa che sogni tuo padre malgrado
negli anni gli interventi di varie
capitali e fastidi per tutto lacan,
mi sa che adesso il tuo nome
è su meno display di fissati al liceo
e più intransigenti cv con le lingue
tantissime lingue come
tanti altri padri per fare altre prove,
per più tentativi. tu che sconfinavi
il simbolico e il fallo e dritta la schiena:
ti si fanno più grandi le tette.
softresettavi più volte e crescevo
non molto lontano da casa
nutrivo modeste nevrosi che adesso
con tutto il rispetto mi sembrano
ancora di basso livello dovrei
correre a zonzo nell’erba,
chiamarti e rifare la sfida,
ribattere ancora la lega e magari
saprai che ho sbagliato natura.

non sarà per questo che adesso ti penso,
faccio ancora il tuo nome.
lo faccio con pezzi di vetro
biglie verdi schiacciate
che in pentola fuoco medio sei minuti
diventa vellutata carrefour.
faccio ancora il tuo nome se parlo d’amore
e rido che non sei più te
e più passa il tempo e più
dimentico
la mia versione dei fatti com’è
che ho imparato a difendermi
a stare abnegato sul ciglio degli altri
toccandomi il pipo per poco
e nascondere sotto al quaderno di greco
così che mio padre non possa pensare
le cose che sanno soltanto
la mamma un prete e simone.
ma faccio il tuo nome se parlo d’amore.

non siamo più sani ci sono
tre dispositivi che voglio toccare,
quattro se conti quest’iphone:
ed è solo per questo, solo per
premere tasti grigi sul nero
e vederli rispondere a quello che scrivo,
che chiedo di te allo zero
uno uno zero uno zero.
solo per questo che adesso ti penso:
potermi specchiare nel buio,
nel retro del retina display se
solo avessi staccato il controller
vicino al confine che camminavo,
lo schermo tremava l’input
sarebbe bastato da sè:
purification glitch,
avrebbe tirato una notte,
non sai cosa dico, ti ho persa.

un suono dalla cucina,
un adattatore per terra,
non faccio il tuo nome non riesco
a dirti all’algoritmo di merda.

 
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