Un Luogo Comune

per non dare nulla per scontato

Archive for luglio, 2011

29 luglio
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Paladini di sé stessi.

Che titolone, penserete, questo qui se la vuole tirare proprio. Sappiate che questo effetto è voluto. In questo articolo voglio scrivere, infatti, dei nuovi Hacker. Le “crew” di ragazzi e ragazze che rimangono nell’anonimato e usano le loro conoscenze informatiche per fare attacchi di entità più o meno alta a istituzioni, aziende eccetera. Non avete mai sentito parlare di Anonymous o #AntiSec o #LulzSec? Credo proprio di no, visto che le notizie che riguardano gli attacchi di questi autodefiniti “movimenti” composti da altri “movimenti” più piccoli, sono sempre ritenute di poca importanza su giornali e siti web d’informazioni, eppure ci sono e vogliono farsi sentire. Provate a girellare nei loro profili Twitter [ http://twitter.com/#!/lulzsecitaly (LulzSecITA) | http://twitter.com/#!/Anonitaly (Anonita) etc…]e vi renderete conto di come parlano e di come la pensano.

Portano avanti principi nemmeno sbagliati e sono dei veri e propri “Rivoluzionari del Web” (come sono sempre stati gli Hacker), che invece di far saltare una bomba alla stazione attaccano i siti delle università e rubano le password degli studenti, oppure i dati della Polizia Postale. Ed è proprio questo il problema. Vogliono essere dei “Paladini della Giustizia” che credono fortemente in un ideale, pur dichiarandosi “non politicizzati” (anche se allo stesso tempo supportano i “No-TAV”, ricordano Carlo Giuliani come manifesto della Guerra alla Polizia, condannano gli sprechi dei Parlamentari… il che, perdonatemi, mi sembra proprio politica) ma il mio terrore è che la loro sia violenze cybernetica volta al farsi conoscere, rendendoli più che Paladini della Giustizia, Paladini di sé stessi. Dichiarano, infatti, che i giornali li “censurano” ritenendo i loro attacchi poco importanti e dando informazioni parziali. Vogliono sentir parlare di loro. Vogliono che la loro “idea” venga conosciuta meglio. E questo è Egocentrismo. Si potrebbe contestare “ma sono anonymous, non c’è il concetto di persona, quindi non c’è ego…” Sbagliato! La persona c’è, l’ego c’è!  Il singolo diventa il gruppo e viceversa, quindi si può parlare di gruppo come una singola persona, l’immagine (fatta proprio da loro) fa capire il concetto. Uno, nessuno, centomila. Ma un uno che pensa a sé stesso, un nessuno che si vuole far sentire e centomila che fanno vere e proprie violenze, perché nel mondo in cui viviamo, grazie al ruolo vitale che hanno assunto i computer, rubare i dati della Polizia è come fare un attentato alla Polizia.

Fate attenzione, miei simpatici paladini, perché forse avete sbagliato qualcosa. La Giustizia è da difendere, la corruzione da annientare, ma l’uomo sbaglia, Anonymous  non è perfetto, i politici non sono perfetti, il mondo non è perfetto, ma esiste il perdono (nel loro motto c’è la frase “Noi non perdoniamo”), la non-violenza, e la propensione all’altro.

Maggiori info: http://www.repubblica.it/cronaca/2011/07/25/news/attacco_cnaipic-19587826/index.html?ref=search

http://en.wikipedia.org/wiki/LulzSec

http://it.wikipedia.org/wiki/Anonymous

 

 

 

 

 

 

 

25 luglio
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Schifosissime e disordinate produzione da mare.

Un vecchio

Appoggio la bicicletta alla panchina e mi siedo nello spazio libero. Con calma slaccio il marsupio e lo appoggio sulle gambe, posiziono la schiena nel modo più comodo, calco gli occhiali sul naso e osservo, come tutti i giorni, osservo.
La colonna sonora del mio pomeriggio è l’infrangersi delle onde sulla spiaggia mescolato a tutte le voci dei bagnanti; striduli di bambini, conversazioni telefoniche e non di ragazzi, chiacchiere delle signore: tutto si fonde perfettamente in un rumore di folla, una radiazione di fondo.
Alzo piano lo sguardo sul mare fino a vedere l’orizzonte, poi il cielo: bella giornata, solo poche nuvole bianche in lontananza, per il resto gradazioni di azzurro.
I sassi dell’inutilizzata spiaggia pubblica sono bagnati in dissolvenza: vicino al mare sono più scuri e via via si schiariscono in maniera direttamente proporzionale alle probabilità che le onde raggiungano determinati livelli.
La spiaggia è lastricata di lattine scolorite e compresse, tutte accovacciate su di esse stesse, come a imitare i sassi. Le bottiglie fanno parte del paesaggio. Trasparenti, blu, verdi da cinquanta centilitri, da un litro o addirittura da due, sono lì, ingozzate di sabbia, soffocate dai sassi, sporche, opache. Solo io, in silenzio, le consolo ogni giorno.
La macchia mediterranea conquista l’ambiente con i suoi colori spenti, il suo profumo arido e accogliente, umilmente mi mostra degli arbusti, dei pini marittimi, degli aghi e delle pigne.
Due ragazzini con i capelli ingellati, i muscoletti all’aria e i costumacci fosforescenti si siedono cinque metri più in là, accendono una sigaretta e parlano di avventure in discoteca, commentano solo alcune parti delle ragazze e insultano i poveri professori.
In bilico sull’orizzonte una nave merci solca il mar Ligure; immagino a bordo qualche uomo e tanta merce ordinata a caso nei container cinesi impolverati.

La Sigaretta spenta, la marea più vicina, il cielo più scuro, il mare inquietante.
Un gabbiano plana leggero e tranquillo sul mare, come di ritorno da una giornata di pesca, ma all’improvviso non riesce più a muoversi: troppo tardi per agitare le ali. Lancia un grido e precipita verso l’acqua, rotea su sé stesso per colpa delle ali ancora spiegate, cade sempre più veloce, il mare è sempre più vicino, sempre più spietato. Un tonfo; le ali troppo bagnate, il becco pieno d’acqua, si sposta con uno sforzo tremendo di qualche decimetro e affoga, il gabbiano, cade lentamente verso il fondo, ucciso dallo stesso vento che lo faceva planare libero fino a pochi secondi fa.

Io, unico testimone dell’assassinio, mi piego verso la balaustra e raccolgo i miei pensieri sparsi a terra. Un altro giorno è andato e io sono morto da sempre.

“…E in ogni estate trovo che
un po’ di morte in fondo c è”
Francesco Bianconi (Baustelle) – Réclame

Un vico

Stasera ho deciso di perdermi. A passo spedito ho superato il lungomare e ho raggiunto il centro città, oltrepassando a testa alta i miei coetanei obbligati a divertirsi dalla logica spietata del Sabato sera. Mi sono imbucato in una trasversale del budello (chiamato anche “Carruggio” il budello è la via principale dei borghi liguri. È una zona pedonale costeggiata da bar e negozi, alla sera è il punto di riferimento di turisti e abitanti) e mi sono allontanato dalla confusione che sfuma sempre di più ed ecco qui un calle.
Stretto, incastrato tra le case al mare degli impiegati, gli alberghi tre\quattro stelle e i negozi di roba da spiaggia, il calle è muto, nessuno lo percorre.
Noto, incastonata nel muro, una Madonna con dei fiori di Rosmarino e l’incisione “Ave Maria”. Adoro la religiosità semplice e profonda di quell’angolo di strada, di quella vecchina che molto probabilmente non ha mai studiato teologia e non è mai stata in Vaticano a discuterne, ma con una fede immensa ha sistemato lì quel profumato ramo di rosmarino fiorito: la preghiera più bella che potesse fare.
Oltre la Madonnina c’è la targa con il nome del calle che recita a caratteri spudoratamente fascisti: “Vico Gerolamo Guardone”; è curioso quel nome, mi chiedo se “Guardone” sia il nome o la caratteristica. Immagino un Gerolamo che, arrampicato sul muro del calle, spiando l’amata cambiarsi d’abito per la serata (la quale damigella borghese ovviamente non ricambiava l’amore semplice e povero del figlio del fruttivendolo), cadde e morì lì, con ancora in volto l’espressione estasiata. Così la popolazione ha fatto diventare Gerolamo leggenda e dalla leggenda è spuntato il nome del vico.
Lascio lì la fantasia e proseguo nel calle che mi ha già raccontato abbastanza storie. Sembra che un poco frequentato angolo di città largo due metri sia lì per guardare succedere le cose semplici della gente semplice e raccontarle ai passanti che vogliono ascoltarle, sembra che sia lì per rimanerci in eterno, come il rumore delle onde o il canto delle cicale.
Comincia a fare freddo e torno a casa.

La spiaggia

Sassi,
penne,
pescatori,
tangenti e bustarelle,
sguardi,
sacchi di plastica,
tronchi e frantumi,
uno scoglio e
il mare.
L’azzurro magnanimo,
la gigantesca semplicità
della manifestazione
di qualcosa di più grande.
Taccio (incredibilmente!)
e sento che faccio parte
di tutto ciò.
Sono l’onda che si abbandona alla spiaggia,
sono i gabbiani in cielo,
sono il vento,
sono un’ape,
sono un fiore,
sono gli ossi di seppia.
Volto all’immenso
innalzo un’assurda
specie di preghiera
che sembra quasi
Amore.