Un Luogo Comune

per non dare nulla per scontato

Archive for dicembre, 2012

29 dicembre
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Attesa (analogica)

21 dicembre
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L’apocalisse dalla provincia

Oggi finisce il mondo, ne parla StudioAperto e ne parlano su Internet. Mi sveglio inquieta e mi ritrovo a casa mia, nel mio piccolo vuoto amministrativo-catastale. La situazione mattutina mi cade addosso in fragoroso silenzio. Una luce bianca da cielo nuvolo entra misteriosa dalla finestra ed io sono tanto pallida… quasi trasfigurata. Le cose intorno cominciano a farsi vedere, riflettono calme il bianco e mi stropicciano gli occhi. ‘Fanculo, io torno a letto. Minuti sette e la sveglia suona di nuovo (o non ancora?). Adesso è il buio, sia intorno a me che fuori dalla finestra, si distinguono soltanto il LED del portatile e il lampione della strada qui sotto; rarissimamente passa una macchina, gira i fari sull’angolo della strada e svanisce.  Mi tiro su sospirando e, gobba, passo le mie dita sugli occhi. Il freddo extra-coperte è sempre uno shock, dovrei essermi abituata ormai! Scendo dal letto e brancolo nella gelida oscurità della stanzetta, il tempo di orientarmi, accendo la luce e mi vesto.

Fuori dal portone è più buio di quanto ricordassi, accenno un sorrisino sarcastico, metto le mani in tasca  e sussurro che, wow, è la fine del mondo. Mi avvio verso il lampione – quindi la fermata dell’autobus – e mi ricordo che sette minuti prima di stamattina c’era la luce. Primo fatto strano. I fari di un’auto si palesano in lontananza e si avvicinano sonnolenti – il pullman è in ritardo – la macchina arriva e d’improvviso mi accelera contro, mi levo con due passi larghi e quella impatta sul marciapiede; un tizio esce, fissa il lampione, torna in auto , retromarcia e se ne va di fretta nel buio. Secondo fatto strano, che mi lascia nella fredda solitudine della buia mattina di periferia. Un suono greve, continuo e lontanissimo percorre il silenzio, finalmente l’autobus.

Come sempre, sono l’unica sul pullman delle sette: saluto  l’autista e siedo in fondo. Inizia così il mio ultimo giorno… Mi guardo attorno con sguardo cinico e lecita sonnolenza. Inaspettatamente (forse i due fatti strani di prima…) un’assurda inquietudine mi attraversa i pensieri. Un’irrazionale timore si palesa. Una preoccupazione tutta nuova.  È come se mi aspettassi qualcosa da questa stronzata di giornata, come se attendessi davvero la fine. Il tempo si esaurisce fuori dal finestrino, lo spazio scorre e si accartoccia, il senso lineare della storia si conclude davanti a me, si toglie il velo delle incertezze terrene e si avverte una sofferenza finale.  No. È una vecchia che sale sull’autobus.

Ore 14:47 e non è successo ancora niente. In centro c’è molta più gente, ma io  sono ancora sola. E inquieta. Appoggiata al muro, alzo gli occhi oltre i palazzi: il cielo è nuvolo e di un bianco brillante… quasi trasfigurato. Le finestre degli edifici riflettono la luce e mi stropicciano gli occhi. Déjà vu. Terzo fatto strano e non è ancora successo niente. Io aspetto sempre l’autobus – o forse no? – Io aspetto, sempre. Suvvia, smettiamola di tirarci addosso queste minchiate irrazionali… – Estraggo un fazzoletto e mi soffio il naso – E se fosse tutto già successo? Magari è già tutto finito, almeno per me… Magari quell’uomo in auto mi ha investita ‘stamattina! Forse questa è una coscienza ultraterrena, solo mia o universale. Magari siamo già tutti morti!  Stolti che camminate verso i mercatini! Ragazzine che entrate da Kiko e uscite col sacchettino in più: non sapete che siete tutti morti?  Ma che cosa sto dicendo… Mi farà diventare matta questa confusione/stanchezza pre vacanze Natalizie. Matta. E intanto non succede nulla.

Sai, lettore, forse è proprio  qui il problema. Forse è qui che il tempo si esaurisce e il senso svanisce. Forse è questo vuoto evanescente la fine. Forse è proprio questa l’apocalisse: che non succeda nulla.

 

 

« Quando l’agnello aprì il settimo sigillo nel cielo si fece un silenzio di circa mezz’ora e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe » (Apocalisse 8,I)

17 dicembre
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Non chiedermi perché

(Sulla misura del freddo)

 

I suoni di un mondo

tanto vicino da essere

irreale.

 

Le luci lontane

che splendono nel nulla.

Non sono che vibrazione.

 

Non sono che emozione.

Lo so che non devo,

ma sto male.

05 dicembre
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Capita

Vedremo l’alba,

ma la scorgeremo

appena riflessa

sulle pareti

di un palazzo

condominiale,

per poi sparire.

 

Per poi sparire,

per poi tornare

al nostro fare,

al nostro minimo

resistere

di malanimo.