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04 aprile
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Venerdì Santo – Francesco Guccini

In questa Settimana Santa di piovigginante città semiprovinciale è impossbile non lasciarsi prendere dalla tanto amata malinconia. E guardando le gocce sul vetro e le nuvole che coprono Città Alta la canzone che continuo  a suonare è Venerdi Santo di Guccini: ascoltiamola insieme.

Titolo: Venerdì Santo

Artista: Francesco Guccini

Album: Folk Beat N° 1

 

Questo il testo

Venerdì Santo, prima di sera, c’era l’odore di primavera;
Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto;
Venerdì Santo, piene d’incenso sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo, anche l’amore sembra languore di penitenza
Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia,
poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo…

Venerdì Santo, prima di sera, c’era l’odore di primavera;
Venerdì Santo, le chiese aperte mostrano in viola che Cristo è morto;
Venerdì Santo, piene d’incenso sono le vecchie strade del centro
o forse è polvere che in primavera sembra bruciare come la cera.

Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente
Venerdì Santo, anche l’amore sembra languore di penitenza
Venerdì Santo, muore il Signore, tu muori amore fra le mie braccia,
poi viene sera resta soltanto dolce un ricordo: Venerdì Santo…

Si nota subito l’utilizzo del tempo presente. Questo particolare non è indifferente, infatti pone la morte di Cristo nella descrizione concreta delle malinconiche strade del centro. Accorgersi di come la ricorrenza della morte di Gesù Cristo abbia quasi un ripercuotersi nella situazione presente vuol dire ammeterne la divinità, vuol dire sentire sulla propria pelle un cambiamento causato da qualcosa che non è più una ricorrenza fine a sé stesso, ma diventa un avvenimeto presente, se Criso è divino è ancora presente, ancora morto, ancora risorto: ancora. Ma Guccini smonta le mie costruzioni teologiche con il verso quasi cinico “Venerdì Santo, stanchi di gente, siamo in un buio fatto di niente” viene svuotata di divinità la Realtà. Attenzione, questa realtà non perde la sua capacità di provocare reazioni e sentimenti nell’attento osservatore (“Venerdì Santo, anche l’amore sembra languore di penitenza“), ma senza Divinità resta il fatto, le strade piene d’incenso sono lì, provocano, ma sono un nulla destinato al nulla. Questo è il Buio fatto di niente nel quale l’autore vive. Il mio pensiero è diverso, ma questa è un’esperienza personale, che non sminuisce assolutamente l’impressionante eloquenza di queste quattro strofe.
Buon Venerdì Santo e buona Pasqua a tutti!

 

 
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