Osservare esausto
È facile vivere così.
Io, solo in mezzo alla gente, chiuso nel mio salviettone, con la croce avvolta intorno al cuore, ascolto il profumo della vostra cannabis e mi lascio deridere da tutta la mia immaginazione. Mi lascio deridere da voi, società delle 16:30, lasciata ad asciugare nelle fogne di una città che ben diversa sarebbe, se solo non fossi solo.
Non siete contenti della spremuta di confusione che mi avete estratto dalle punte dei capelli? Applaudite alla banda delle cause perse. Io del mare non ne posso fare a meno, ma la spiaggia la dovrei proprio incendiare, prima che sia troppo tardi, prima che cambi la luce, prima che m’innamori di voi.
Ho perso De Gasperi in mezzo alla piazza; vorrà dire che mi metterò a succhiare tutte le caramelle del paese. E voi non potrete impedirmelo coi vostri riff ripetuti e la vostra affettività marziale. Ma quale gelateria? Ma quale introspezione?! È solamente esistere pallido sui muri, malato di morte. È la sacrosanta e violenta libertà. È l’iconoclastica devastazione del beach-club! Otranto sommersa dalle onde! Flutti eravate e flutti tornerete! E non c’è Protezione Civile che regga, c’è solo la mia preghiera che vi rovescia il centro storico. E Dio sorride della mia coscienza devastante, il Dio degli occhiali da sole, del proibizionismo e di tutti i santi. Dio sorride e nulla vi accade.
A voi non vi accade mai nulla, siete ancora lì, nudi in mezzo al nulla, terra inesistente, scorci immanenti; sottomarche di occhiali, smartphone samsung, esibizionismo celato e orecchini: è ancora tutto lì, fermo dove non l’avevo (mai) lasciato. Non mi siete (mai) piaciuti, ma ho fame di voi.
Ho deciso: morirò di pizza, morirò di spiaggia, di assalti alle mura e di lecca-lecca. Ma che flusso di coscienza?! È fighettismo infantile. È imperialismo economico della domenica. È che siamo malati cronici.
Solo il tramonto mi salva.